Come una falena alla fiamma (Like a Moth to a Flame) – 2 spazi, 54 artisti, 115001 nascita,
1 anniversario è il titolo del grande progetto espositivo realizzato in collaborazione da
OGR – Officine Grandi Riparazioni e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo che dal
4 novembre 2017 al 14 gennaio 2018 si articola nelle sedi delle due istituzioni torinesi.

Come una falena alla fiamma è un progetto ambizioso, firmato da tre curatori
internazionali d’eccezione, chiamati a lavorare insieme per la prima volta
confrontandosi con la città di Torino e il suo importante patrimonio artistico: Tom
Eccles, direttore del Center for Curatorial Studies del Bard College di New York, Mark
Rappolt, redattore capo della rivista inglese Art Review, e l’artista britannico Liam Gillick.
La mostra si pone l’obiettivo di creare un ritratto della città di Torino a partire dagli
oggetti che la città stessa e i suoi residenti hanno collezionato. Come una falena alla
fiamma dà vita a un percorso attraverso la Collezione della Fondazione per l’arte
Moderna e Contemporanea CRT e della Collezione della Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo in dialogo con un nucleo di opere conservate in alcune delle maggiori
istituzioni museali pubbliche della città, tra cui il Museo Egizio, Palazzo Madama,
MAO – Museo d’Arte Orientale, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e
Contemporanea e Castello di Rivoli, che, per l’occasione, verranno esposte alle
Officine Grandi Riparazioni e alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, in un gioco
di contaminazioni reciproche tra opere d’arte contemporanea e opere dei secoli passati.
La contaminazione tra linguaggi diversi continua anche in due delle altre sedi museali
coinvolte: il Museo Egizio e Palazzo Madama diventano infatti sedi espositive
d’eccezione per alcune opere contemporanee.
La mostra sfrutta, come punto di partenza per indagare i concetti di rinascita e
rinnovamento, la coincidenza di una nascita e due anniversari: l’inaugurazione di OGR,
il venticinquesimo anniversario della collezione della Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo e il sessantesimo anno dalla fondazione dell’Internazionale
Situazionista dopo un incontro ad Alba, non lontano da Torino.
Con più di 70 opere d’arte contemporanea e centinaia di artefatti da varie collezioni
torinesi, Come una falena alla fiamma riflette sull’importanza delle passioni private e delle
ossessioni individuali e sul modo in cui, nel tempo, queste trovino la loro strada nella
società ed entrino nella vita culturale cittadina.
Gli oggetti in mostra propongono un viaggio attraverso lo spazio – con opere e
manufatti realizzati nei cinque continenti – e il tempo – unendo alcune sculture Egizie del
secondo millennio a.C., come la gigantesca testa del faraone Tutmoside, e una Bibbia del
1280, passando dalla statua funeraria di una dama cinese del II secolo a.C. fino ad alcune
installazioni realizzate nell’ultimo anno.
Eppure, dato che tutte le opere sono conservate in collezioni nella città di Torino o nei suoi
dintorni, si ha la sensazione che, nonostante l’ampiezza del viaggio, questo finisca
laddove era iniziato, e che i visitatori, come gli oggetti, fossero sempre stati lì.
Il titolo della mostra ha origine da un lavoro dell’artista britannico Cerith Wyn Evans, un
testo circolare realizzato in neon, In girum imus nocte et consumimur igni (2006) appeso
all’ingresso della mostra alle OGR. Il titolo del lavoro è palindromo, cioè la frase non ha
una direzione privilegiata ma può essere letta da destra a sinistra o viceversa, dicendo la
stessa cosa. La frase articola un indovinello: cosa “gira di notte ed è consumato dalle
fiamme”? Una possibile soluzione è una falena. Wyn Evans nella sua opera riprende il
titolo dell’ultimo film di Guy Debord (realizzato nel 1978, diffuso nel 1981 e più tardi
trasmesso dalla TV italiana) che è il punto di partenza della mostra alla Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo. Di natura più politica, questa parte di mostra continua a
esplorare alcune tematiche connesse alla rinascita e al rinnovamento, tra cui la distruzione
che può derivarne (sia essa necessaria o inutile).
La mostra, nel suo insieme, cerca di testare la nozione Nietzschiana che “per sopportare il
pensiero dell’eterno ritorno sono necessari: libertà dalla morale; nuovi mezzi contro il
dolore …; godimento di ogni tipo di incertezza, sperimentalismo come contrappeso a
questo fatalismo estremo; abolizione del concetto di necessità; abolizione della ‘volontà’;
abolizione della ‘conoscenza in sè’.” Come è noto a Torino Nietzsche fu sopraffatto dalla
malattia mentale: nel creare un ritratto della città, le opere in mostra alle OGR e alla
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo mappano il modo in cui generazioni di artisti e
collezionisti hanno visto, costruito e ricostruito il mondo, in modo da evitare questo
destino.